LE INASPETTATE CONSEGUENZE DELLE VISITE A SORPRESA

Nella continua lotta con il freddo e la solitudine Andy W. inciampa nel “Vive l’Amour” di Tsai Ming-liang, Taiwan, 1994, 119 min

By Andy W.

L’intento iniziale era quello di - come dire - scacciare chiodo con un altro chiodo. Ma la vita purtroppo è come un deserto dei tartari, cioè un cimitero delle occasioni mancate. Magari è meglio se mi spiego. Che qua a furia di stare sola e a parlare solo con me stessa do per scontato che voi, cari amici, avete ben presente tutti i miei riferimenti meta- para- cine- culturali. Concretamente parlando il chiodo da schiacciare era reale, cioè il freddo in cui vivo. La mia casa è fredda come la caverna di un Neanderthal e io a furia di consumare vodka per riportare la temperatura corporea ad un livello che garantisca la sopravvivenza sto perennemente in una condizione a metà tra l’ibernazione, la sbornia e post sbornia la quale puntualmente e gradualmente si trasformava in una nuova sbornia. Ho pensato che quando scriverò la mia autobiografia questo capitolo della mia vita lo chiamerò “Cold Winter” omettendo l’irrilevante dettaglio del “drunky”.

Questa è la condizione in cui qualche giorno mi trova la mail della Cineteca Milano che mi informa della proiezione del film “Cold War” di Paweł Pawlikowski. Il film narra (attenzione!!) di un amore impossibile. Ho capito subito che era la mia occasione. L’universo mi mandava un messaggio. Dovevo andare a vedere “Cold War” per farla finita con il “Cold Winter” del quale sono parecchio stufa. In cuor mio ci speravo che contemporaneamente un amore impossibile sarebbe diventato possibile e a parte il freddo dell’inverno potrei finirla anche con la solitudine.
Invece le cose non sono andate esattamente così.
Purtroppo.

L’intento iniziale era quello di andare alla primissima proiezione all’Oberdan alle 16.00 del mercoledì. Ma siccome martedì sera è venuto a dormire a casa mia Guglielmo da Sant’Alessio con Vialone, provincia di Pavia, perché mercoledì doveva prendere un aereo da Linate, e visto che nessuno dei due tromba da una vita ci abbiamo pensato bene a porre rimedio all’astinenza, e dopo una mezz’oretta neanche tanto di fuoco Guglielmo da Sant’Alessio con Vialone si è addormentato e ha russato per tutta la notte come un orso rafforzando la mia immedesimazione con la donna Neanderthal e non avendo il coraggio di prenderlo a calci e pugni per farlo smettere, ho passato la notte nuotando tra i miei pensieri più rabbiosi, tipo “adesso capisco la gente che divorzia perché lui russa, come cazzo fai a vivere tutta la vita così”, insomma per farla breve (neanche tanto) mercoledì alle 16 ero stesa al letto a recuperare il sonno mancato la notte prima. Quando mi sono svegliata la depre era ai livelli ingestibili. Insomma, ho mancato l’amore impossibile, ho trascurato il messaggio dell’universo, e perché? Per una trombata neanche tanto memorabile?

Quando mi sono svegliata la depre era ai livelli ingestibili. Insomma, ho mancato l’amore impossibile, ho trascurato il messaggio dell’universo, e perché? Per una trombata neanche tanto memorabile?

E allora ho pianto. Perché la prossima proiezione del “Cold war” era tra due giorni. Non solo. La prima proiezione del “Cold war” alla quale sarei potuta andare era la settimana seguente. Non mi restava altro che andare allo spettacolo delle 21.30 a vedere il “Vive l’amour” di Tsai Ming-liang che mi sapeva tanto di una presa per il culo. Come messaggio dell’universo, intendo. Già che trattava dei tre personaggi “in piena solitudine esistenziale” per non parlare del fatto che uno dei protagonisti tentava il suicidio… Quando perdi il treno giusto, ne hai da pedalare, eh, per non parlare del fatto che per le 21.30 ero già di nuovo ubriaca.

Il film dura due ore e la prima mezz’ora circa è muto. In questa mezz’ora il disgraziato suicida prima si fa bagno, poi esce dalla vasca, si beve una bottiglia di acqua e si taglia le vene sdraiato sul letto. E mi chiedo, è possibile che nel 1994 a Taipei c’era ancora la gente che non sapeva che le vene bisogna tagliarle dentro la vasca perché se no il sangue coagula e non ne perdi a sufficienza per morire. Poi, cosa bevi a fare un litro e mezzo di acqua? Cioè devi morire e ti preoccupi di idratarti per bene l’organismo? Va beh, lasciamo perdere.
Il fallito suicidio avviene dentro un appartamento vuoto che il ragazzo ha occasionalmente scoperto, con le chiavi inserite nella toppa della porta. Quando ha già fasciato la mano, nello stesso appartamento arriva una coppietta appena formatasi giù in strada e composta da un giovane dandy e una ragazza carina. Lui la segue per la strada in silenzio per un pezzo. Oggi lo avremmo preso per uno stalker, ma negli anni novanta poteva ancora passare per un timido romantico. Tanto che alla fine fa lei il primo passo, va subito al dunque, lo porta in quella casa perché fa l’agente immobiliare e ha le chiavi di questo appartamento in vendita. Trombano e la mattina lei va a lavorare e inizia finalmente a parlare. Il dandy è riuscito a tenersi le chiavi della casa, così presto lui e l’ex suicida si trovano a dormire di notte dentro questo appartamento di 2 piani di nascosto dalla ragazza che ogni tanto ci passa di giorno per gli appuntamenti con dei potenziali acquirenti.

Nella prossima ora di una lentezza asiatica scopriamo che il dandy fa il venditore dei vestiti abusivo, tipo quelli che che ci sono anche qua a Milano che mettono tutta la merce su un lenzuolo steso per terra in metro e appena arriva la polizia, raccolgono tutto e scappano. È simpatico, beve tanta la birra, si procura il numero della ragazza e cerca di darle un puntello ma lei non lo vuole più vedere.
Il fallito suicida fa il venditore di urne funerarie, è sensibile, melanconico, una volta fa fare al dandy un giro dentro il suo luogo di lavoro, cioè una specie di cimitero. La scena ambientata lì mi fa pensare che il regista abbia voluto rendere un omaggio al famosissimo racconto di Tolstoy “Quanta terra serve a un uomo”.

Il venditore di urne con tendenze di travestimento torna triste a casa e si sdraia sul letto del dandy immaginandosi chissà cosa. Inizia a toccarsi ma arriva la coppia etero e lui fa appena in tempo a nascondersi sotto il letto, così finisce la sega mentre quelli trombano sul letto, e addirittura hanno l’orgasmo simultaneo. Almeno i maschi.

La ragazza vive di solo lavoro, depressa e sola. Tutti e tre fumano come dei turchi.
Una sera il venditore di urne torna a casa occupata con la cena, mangiano. Dopo di che il dandy va a fare il bucato mettendo i vestiti sporchi dentro la vasca insieme al detersivo e accendendo il sistema di idromassaggio. Poi esce. Il venditore di urne cinerarie si mette addosso un vestito femminile di quelli che vende il dandy, un paio di scarpe con il tacco. La cosa lo rende così emozionato che per starci dentro deve fare 38 flessioni di fila. Dopo di che esce anche lui. Va a trovare il venditore che lavora di notte. Arriva un po’ per caso un po’ no anche la ragazza. Allora dandy la segue. Il venditore di urne con tendenze di travestimento torna triste a casa e si sdraia sul letto del dandy immaginandosi chissà cosa. Inizia a toccarsi ma arriva la coppia etero e lui fa appena in tempo a nascondersi sotto il letto, così finisce la sega mentre quelli trombano sul letto, e addirittura hanno l’orgasmo simultaneo. Almeno i maschi. La mattina la ragazza se ne va. Il venditore di urne esce dal sotto il letto, si sdraia vicino al dandy, si eccita tanto ma si limita solo al bacio al bello addormentato e torna nella sua stanza. La ragazza non riesce a far partire la macchina, e va a piedi, attraversando una zona tutta in costruzione della città. Alla fine si sede in una arena deserta. E piange tanto. Poi si calma. Poi riparte. Poi si calma di nuovo e accende una sigaretta ma io continuo ad avere un sentore che deve piangere ancora. Infatti dopo poco riparte. E così finisce il film. Finalmente.

Torno a casa con un bouquet di morali banali, tipo che (a) la gente sensibile non può fare i mestieri macabri, (b) la classica è sempre attuale, e (c) non c’è due senza tre, (d) l’acqua fa ruggine. L’unica cosa originale che mi ricorderò sicuramente è che all’occorrenza la vasca di idromassaggio può fare da lavatrice. E anche che c’è tanta gente che sta peggio di me. Anche se questa sembra più una banalità. Ma di quelle banalità che fanno tanto bene. Pur se non mi cambiano la vita. Settimana prossima - “Cold War”, speriamo. Anzi, visto che all’Oberdan non risparmiano sul riscaldamento, ci devo tornare più spesso.